Febbre e Influenza, che fare? – 1° parte

termometro a mercurio e medicine in capsule

Siamo nel pieno dell’inverno e in queste settimane l’influenza la sta facendo da padrone. Dalla televisione e dalle riviste siamo bombardati dalla pubblicità dei farmaci antinfluenzali, che sono per lo più antipiretici. Questa parola difficile vuol dire che sono farmaci che abbassano la febbre.

La settimana scorsa ho postato su Facebook un articolo scritto da un medico immunologo di fama nazionale e internazionale, il dottor Attilio Speciani, dal titolo Abbassare la febbre facilita la diffusione dei virus e rallenta la guarigione.

Il dottor Speciani cita uno studio del 2000, pubblicato sulla rivista scientifica Pharmacotherapy, in cui 54 soggetti si erano volontariamente fatti contagiare da alcuni ceppi di virus influenzali, per poi essere seguiti durante il decorso della malattia. I risultati dello studio dimostrarono che l’uso degli antipiretici aveva allungato la durata della malattia.

Strano? Mica tanto, se si pensa che la febbre non è una malattia, ma una reazione di difesa dell’organismo contro la proliferazione di virus e batteri, e quindi, come tale non dovrebbe essere temuta, soprattutto negli individui adulti, e di conseguenza soppressa chimicamente. Se ostacoliamo questo meccanismo di autoregolazione del corpo, possiamo magari avere un momentaneo sollievo e illuderci di essere già guariti, ma in realtà stiamo invece allungando i tempi della guarigione.

Purtroppo nella nostra cultura e nella medicina moderna tende a prevalere l’atteggiamento di sfiducia nei confronti delle capacità del corpo di affrontare e superare le sfide rappresentate ad esempio dai virus influenzali, mentre,

per dirla con le parole del dottor Speciani, proprio questo “ incontro con il virus e il superamento dell’infezione aiutano a stimolare le cellule NK (particolari cellule del sistema immunitario) che svolgeranno nei mesi e negli anni successivi una migliore difesa antitumorale e antidegenerativa. Ammalarsi “gentilmente” può aiutare a prevenire malattie più gravi.”

Ma per ammalarsi gentilmente bisogna essere disposti a rinunciare a qualche giorno di lavoro, a qualche appuntamento, ad alcuni dei nostri mille frenetici impegni, e stare a casa, mettersi a letto, dormire e riposare tanto, mangiare pochissimo, o meglio ancora digiunare per qualche giorno (niente pollo lesso o sogliolina al piatto per capirci), introdurre tanti liquidi, come acqua tiepida, tisane leggere, spremute di agrumi bevute appena fatte, succhi di frutta o verdura fatti in casa con la centrifuga o con l’estrattore, per fare il pieno di vitamine e minerali, che aiutano il funzionamento del nostro organismo e sostengono il sistema immunitario.

Qual è la logica di questo comportamento? Un mio insegnante alla scuola di Naturopatia tanti anni fa lo spiegava così: Immaginiamo che ogni giorno il nostro corpo ha a disposizione una certa quantità di energia, che per comodità faremo uguale a 100. In teoria, ogni giorno questo quantitativo di energia dovrebbe essere suddiviso in questo modo: un terzo per la produzione di energia (ossia per la digestione e l’assimilazione dei nutrienti da cui il nostro corpo estrae l’energia, ma nel processo consuma energia), un terzo per le attività quotidiane (lavoro, studio, divertimento ecc.), un terzo per la “manutenzione degli organi” (per tutte quelle attività di riparazione e riproduzione cellulare, che avvengono prevalentemente nelle ore notturne, in cui siamo a riposo). Ora possiamo capire meglio perché, se siamo malati, è poco saggio e antifisiologico, ignorare le richieste del corpo e continuare a comportarci come se niente fosse. Molto più ragionevole e salutare sarà risparmiare energia dal settore digestione e assimilazione del cibo, facendo dieta liquida e semidigiuno, e dal settore attività quotidiane, riposando e dormendo di più. In questo modo il corpo potrà convogliare molta più energia alla manutenzione degli organi, ossia in questo momento al processo di guarigione.

(Continua)

Maria Cristina

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